Il Giappone, nonostante il suo fascino e le sue bellezze, ha i problemi ambientali tipici dei paesi fortemente industrializzati, poiché produce forti quantitativi di elementi inquinanti delle acque e dell’aria. Il 66% della popolazione vive nelle aree urbane e città come Tokyo e Osaka, attorno alle quali si estende una grande conurbazione, sono particolarmente esposte all’inquinamento atmosferico e acustico. A questo si aggiunge una grande produzione di rifiuti non solo industriali, ma anche domestici che sono, nelle classifiche mondiali, fra i più alti nel mondo, ed è sempre più difficile lo smaltimento e trovare luoghi per le discariche.

Dopo il terremoto del 2011 e i danni provocati dallo tsunami alla centrale nucleare di Fukushima, con il conseguente inquinamento nucleare di vaste zone del Giappone, si sono avuti a Tokyo movimenti di protesta che non si vedevano dagli anni Sessanta. Oltre al problema dell’energia nucleare in zone così fortemente sismiche e la volontà del governo di proseguire su questa strada, a tre anni dalla tragedia il primo ministro giapponese, Shinzo Abe, vuole riattivare i 48 reattori sul territorio nazionale, che erano stati fermati per il terremoto; inoltre, il sisma ha posto ben in evidenza problemi sociali come l’insufficienza del Welfare e il diritto alla casa.

Nel luglio del 2011, dopo qualche mese dalla tragedia di Fukushima, sessantamila persone si sono mobilitate a Tokyo contro il nucleare, gli errori e la negligenza della Tepco, la società proprietaria della centrale. La manifestazione è stata organizzata da Greenpeace, con gli attivisti delle organizzazioni ambientaliste e anti nucleare e assieme a migliaia di persone è stato osservato un minuto di silenzio per ricordare le vittime, oltre 23.000, destinate a crescere poiché fra gli abitanti di Fukushima evacuati in alloggi provvisori, in situazioni di disagio, si continua a morire. Sono trascorsi tre anni e la centrale non è ancora stata messa in sicurezza; l’acqua contaminata, usata per raffreddare le barre nucleari continua a entrare nella falda e in mare.

La fiducia del popolo giapponese nei confronti delle rassicurazioni del Governo è bassissima e appare chiaro che la Tepco non riesce più a gestire la situazione, come del resto accade quando il nucleare “scappa di mano”. Sull’incidente è presto calato il silenzio stampa anche perché il Giappone ha posto la propria candidatura per i Giochi Olimpici del 2020. Il 9 marzo 2014, nel terzo anniversario del disastro di Fukushima, migliaia di persone hanno partecipato a Tokyo a una manifestazione antinucleare, con il movimento Sayonara Genpatsu che significa “addio alle centrali nucleari”, partendo dal parco Hibiya per arrivare fino alla sede del parlamento e protestare contro il primo ministro Shinzo Abe, nuclearista, e ben intenzionato a rimettere in moto i reattori spenti. I manifestanti hanno voluto sfatare il mito del nucleare, fonte sicura e pulita di energia, tanto più pericolosa se si tratta di un paese in costante attività sismica.

Tokyo dista solo 300 chilometri da Fukushima, può essere rimasta immune dalla contaminazione nucleare? Secondo le agenzie turistiche e le autorità non ci sarebbero pericoli seri per Tokyo, ma analisi condotte da associazioni di cittadini su campioni di terreno e di alimenti, soprattutto pesce, comprati nei mercati di Tokyo, hanno rilevato valori elevati di cesio 134 e 137. Nella baia di Tokyo la concentrazione di cesio è più elevata di quella di Fukushima (fonte: Ene News). Sono stati analizzati anche campioni prelevati da un filtro d’aria di un appartamento nel centro di Tokyo e trovate alte concentrazioni di uranio, piombo-210, cesio-137 e radio-102, prodotto di fissione usato nella centrale di Fukushima (fonte: Pontinia ecologia e territorio). Pare che chi può, vada ad abitare via da Tokyo. Per il Giappone, come per il resto del mondo, l’unica via è una vera e propria rivoluzione energetica, basata su fonti di energia sicure e pulite.