Vittorio Luglio
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Vittorio Luglio

Nato in una fredda mattina di metà Gennaio, ma col caldo dentro. Classe ‘98, anima inquieta, inguaribile romantico. Animale solitario in un periferia del Piceno - Stella di Monsampolo - un paese tra le montagne e il mare. Formazione in comunicazione digitale, ho studiato - precedentemente - in ambito letterario e linguistico. Una breve parentesi in Andalusia - tanto basta - per smarrire il cuore fra le gesta e gli usi locali. Scrivo come cura per l’anima, quell’anima perennemente agitata dalle costanti domande esistenziali che caratterizzano il mio Io.

Foglio e penna compagni del mio quotidiano, l’inchiostro segna le pagine della mia vita fra uno sguardo e una riflessione che mi fanno oscillare come Philippe Petit, alla ricerca dell’equilibrio. Il mare per ritrovarsi, la montagna per perdersi. I capelli crespi di salsedine e i polmoni pieni di iodio come acqua in faccia appena sveglio per ritrovarsi nel mare verde di montagna attratto dal canto delle sirene alpine - per perdere se stessi.

Perdersi per poi ritrovarsi, un elemento si fonde all’altro. Pantalone largo, tavola da skate sotto un paio di scarpe da ginnastica usate come elementi per vivere questa fusione. Vi è concorrenza con lo zaino in spalla e un paio di borracce, amici insostituibili nei miei viaggi, quelli fatti e quelli che farò. Spostarsi e camminare, ripeterlo per tutta la vita, alimenta la fame di conoscenza, aumenta il battito cardiaco e fa pulsare il sangue più veloce, vita nella sua forma più assoluta.

La passione per il bello, lo sport come parte culturale di una società. Le lacrime in volto e l’ugola che mplora pietà la domenica pomeriggio, quei colori cuciti a pelle. Rosso passione il mio colore preferito, il blu come fedele compagno. Correre per sudare e sentirsi vivo, nuotare per connettersi ad istinti primordiali. Fatica come prova e gratitudine.

Ho un debole per l’odore del prato appena tagliato, per l’arancio e il suo frutto, per l’odore pungente della pelle di cavallo. Essi mi proiettano a ricordi che custodisco gelosamente in cuor mio, ad uno spagnolo strozzato che risuona nelle mie orecchie, a tempi assai lontani che sento di aver già vissuto in una vita precedente. Il Levante che soffia, alza a se colori giallo ocra che mi seccano la pelle e mi riempiono l’animo, che si nutre di ogni dettaglio che il mondo offre.

La mia immaginazione supera i confini del mondo, va oltre ogni orizzonte a me conosciuto. Ho una sviluppata capacità di pensare che supera elaborazioni logiche dettate dall’oggettività, essa mi permette di vivere esperienze sensoriali che creano conflitti interni fra i due esseri che mi abitano, il primo - quello primitivo - amico stretto dell’ eikasia, e il secondo - quello razionale - che si frappone riportandomi con i piedi a terra.

Trovo la comunicazione un elemento fondamentale della vita umana. Tutto comunica. Cresco con questa idea che si rafforza in me anno dopo anno. Comunico attraverso la scrittura, a me e verso gli altri, penso sia un mezzo fondamentale per diffondere pensieri ed informazioni, ma altrettanto importante per apprendere. Comunico con il linguaggio verbale quando percepisco affinità fra gli esseri, amo i discorsi profondi e amo chi sceglie - come me - di naufragare in conversazioni lunghe e costruttive. Comunico con il linguaggio non verbale grazie agli occhi, l’incrocio con uno sguardo vale più di mille parole. Ho imparato più da certi incroci rispetto ad un uso improprio delle parole.

La mia dipendenza è la sete di conoscenza, sempre alla disperata ricerca di storie e persone interessanti. Conoscere culture nuove apre i miei spazi interiori - calma la mia fame - ascoltare narrazioni o curiosità disseta la mia mente. Parlare nuove lingue apre porte interne che permettono di entrare in versioni nuove di te stesso, esse - precedentemente - sconosciute. Il linguaggio - come la scrittura - connette le persone.

Prendo qua e là da ogni individuo che conosco, i miei eroi sono le persone abili di grandi imprese, chi sceglie il rischio e la mutevolezza alla sicurezza, chi supera i cancelli di una vita già impostata, chi si emoziona per la semplicità di un tramonto o per chi preferisce l’intimità di un’alba.

Catturo il mondo a me circostante - con lo sguardo - e lo riporto in una Canon, per mantenere e ricordare là dove la memoria non arriva. Il concetto di ordine e caos è radicato dentro di me, la ricerca del primo e il fascino del secondo. Fare domande aumenta la mia curiosità, cercare l’infinito ed abbandonarsi ad esso.

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