Nel 2019, la XXII Triennale di Milano ha presentato Broken Nature: Design Takes on Human Survival, una mostra curata da Paola Antonelli, da 20 anni curatrice al Museum of Modern Art di New York. Questa esposizione ha rappresentato un momento cruciale nel campo del design, ponendo un'attenzione particolare sulle interazioni tra umanità e ambiente naturale. L'intento era di esplorare e mostrare come il design potesse contribuire a riparare il rapporto spesso problematico tra gli esseri umani e il loro ambiente. Paola Antonelli è una curatrice di fama mondiale nel campo del design e dell'architettura. Attualmente ricopre il ruolo di Senior Curator al Dipartimento di Architettura e Design del Museum of Modern Art (MoMA) di New York e Direttore di Ricerca e Sviluppo. È nota per il suo impegno nel collegare il design con vari aspetti della vita quotidiana e per aver promosso il design come potente strumento di cambiamento sociale e ambientale. Antonelli ha curato numerose mostre influenti, compresa la XXII Triennale di Milano, e ha collaborato a progetti come "Design Emergency".

"Broken Nature" ha messo in luce l'importanza del design sostenibile, mostrando come possa essere utilizzato per creare prodotti, architetture e sistemi funzionali e sostenibili. Questo approccio mira a ridurre l'impatto ambientale, promuovendo al contempo la rigenerazione dell'ambiente. Il tema centrale della mostra era l'esplorazione del rapporto tra umanità e natura, con l'obiettivo di evidenziare come questo legame sia frequentemente compromesso e di proporre modi per ristabilire un'armonia attraverso un design responsabile.

La mostra ha presentato un'ampia varietà di progetti innovativi, che spaziavano dall'architettura bioclimatica ai materiali sostenibili, dalla moda etica alle tecnologie ambientali. Questi progetti non solo mostravano il potenziale del design nel rispondere a specifiche sfide ambientali, ma anche la sua capacità di influenzare positivamente la società e l'ambiente.

Con la partecipazione di designer, architetti, accademici e artisti provenienti da tutto il mondo, "Broken Nature" ha sottolineato un approccio globale e multidisciplinare alla questione della sostenibilità. La mostra è stata una piattaforma per discussioni e riflessioni su come riparare il nostro rapporto con la natura e costruire un futuro più sostenibile, evidenziando il ruolo cruciale del design nell'affrontare le sfide ambientali del nostro tempo. La visione di Antonelli e la sua capacità di portare alla luce queste tematiche cruciali hanno reso "Broken Nature" un punto di riferimento nella storia del design contemporaneo, stimolando una nuova consapevolezza sulla responsabilità del design nel mondo moderno.

Nel suo "A Siphonophore Manifesto", incluso nella mostra "Broken Nature" della Triennale di Milano, Brad Fox si ispira all'esplorazione marina di William Beebe, Otis Barton e Gloria Hollister del 1930. Utilizzando una capsula subacquea, hanno esplorato gli oceani fino a profondità record. Fox risponde a una domanda della storica della scienza Katherine McLeod, basandosi sui log delle immersioni della bathysphere tra il 1930 e il 1934, vicino all'isola di Nonsuch, nell'arcipelago delle Bermuda. Questo articolo esplora la complessità dei sifonofori, creature marine simili a colonie, in cui ogni individuo contribuisce in modo unico alla sopravvivenza dell'intera entità. Questo modello di cooperazione sfida la nostra nozione di individualità e suggerisce un parallelo con la natura umana, dove diversi elementi lavorano insieme per il funzionamento del corpo. Il testo invita a considerare una visione meno competitiva e più unitaria della vita, riflettendo sulla nostra interconnessione e sulle potenziali lezioni da apprendere dall'ecosistema dei sifonofori.

"Broken Nature portrait #3: Accurat—The Room of Change" è un altro progetto presentato alla XXII Triennale di Milano, "Broken Nature", realizzato dallo studio di data science, design e sviluppo Accurat. Il lavoro, uno dei quattro commissionati direttamente per la mostra, esplora la complessità del concetto di "cambiamento" in un mondo iper-connesso e in rapida evoluzione. Attraverso una "data tapestry" artigianale, il team di Accurat visualizza le interconnessioni tra fenomeni globali e locali, prospettive collettive e individuali, accogliendo i visitatori e definendo il tono per l'intera esposizione.

Nell'articolo di Marco Valsania sul Sole 24 ore del 18 aprile 2023, Paola Antonelli discute il ruolo dei designer nell'affrontare le emergenze ambientali e sociali. Durante il Salone del Mobile di Milano 2023, Antonelli sottolinea l'importanza della circolarità e dell'economia sostenibile come risposte alla crisi ambientale. Parla anche del suo progetto "Design Emergency" con Alice Rawsthorn, che esplora il contributo del design nelle sfide globali, e delle discussioni su come i rifiuti possano diventare nuovi materiali.

Fino al 20 gennaio del 2024 al 3 piano del MOMA, la mostra curata da Paola Antonelli Emerging Ecologies: Architecture and the Rise of Environmentalism esplora il modo in cui gli architetti statunitensi hanno risposto alla crisi ambientale degli anni ‘60 e ‘70. L'esposizione traccia la storia alternativa dell'architettura, concentrandosi sui designer che hanno fatto della natura il fulcro del loro lavoro, tra cui R. Buckminster Fuller e Beverly Willis. La mostra, curata da Carson Chan e altri, combina una varietà di lavori, dal disegno architettonico ai modelli, e riflette su come questi possono aiutare ad affrontare la crisi climatica attuale. Inoltre esplora come l'ambientalismo abbia influenzato l'architettura americana attraverso cinque temi: lo sviluppo di strumenti per il monitoraggio ambientale, la creazione di ecosistemi autosufficienti, esperimenti alternativi contro il consumismo dannoso, progettazioni che facilitano l'interazione tra umani e altre specie, e l'estetica dell'architettura ecologica. Questi temi rappresentano un percorso che mette in luce diverse strategie e filosofie nell'ambito dell'architettura sostenibile.

Questi esempi di architettura multispecie attenta alla relazione tra gli umani e altre specie, provengono dal pensiero de-strutturalista degli anni 60 quando antropologi come Descola e Viveiros de Castro studiando l’Amazzonia cercano di eliminare la categoria rigida del binomio natura-cultura nell’analisi delle società umane, tipica di teorici come Lévi-Strauss. Questa nuova disciplina prende il nome di Etnografia multispecie in stretta relazione con l’Antropologia situata che studia non solo i viventi ma anche i non viventi, il mondo delle cose e delle idee.

L'etnografia multispecie è un campo di studio che esplora le relazioni e le interazioni tra esseri umani e il mondo, considerando animali, piante e altri organismi come soggetti attivi. Questo approccio amplia il concetto di comunità e società includendo diverse forme di vita e mira a comprendere come queste interazioni influenzino le culture umane e viceversa. L'etnografia multispecie esamina come le specie coabitano, collaborano e interagiscono in modi che possono rimodellare il nostro approccio all'ambiente e alla sostenibilità. Eduardo Viveiros de Castro, antropologo brasiliano, è noto per il suo lavoro sul "perspectivismo amerindio", che sostiene che i nativi americani vedono esseri umani e animali come fondamentalmente simili, differenziandosi principalmente nella loro percezione spirituale e fisica del mondo. Questo approccio enfatizza come diverse culture e specie possano avere prospettive radicalmente diverse sulla realtà, sfidando le concezioni occidentali di natura e cultura.

I filosofi francesi, Deleuze e Guattari, nel loro lavoro Mille Piani introducono il concetto di "rizoma", una struttura non gerarchica e non lineare che rappresenta la complessità delle relazioni e delle connessioni. Questo concetto si allontana dalle strutture tradizionali e categoriali, proponendo un modello aperto e multiplo di interpretazione del mondo. Questa idea è influente nell'etnografia multispecie, poiché offre un modo di pensare che trascende le divisioni rigide tra umani e non umani, enfatizzando una rete di relazioni interconnesse.

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Mille Piani è un testo filosofico che indaga la natura attraverso una teoria della molteplicità, cercando di comprendere la realtà nella sua interezza. Il libro si propone come un classico della filosofia, nonostante la sua innovatività e la distanza dalle accuse di mancanza di rigore. Si concentra sulla molteplicità anziché sull'unità, sfidando le concezioni filosofiche tradizionali che pongono al centro l'Uno, e rivela la frammentarietà intrinseca del reale, che non si conforma a un ordine totalizzante. Il “rizoma”, è un modello di pensiero che si oppone al concetto dell'Uno. A differenza dell'albero che procede verticalmente e dicotomizza la realtà, il rizoma opera orizzontalmente e si estende in molteplici direzioni.

È un sistema aperto, caratterizzato dalla sua capacità di connettere punti diversi in modi non lineari. Il rizoma rappresenta un approccio non gerarchico e decentralizzato alla conoscenza e alla realtà, enfatizzando la molteplicità e l'interconnessione. I principi del rizoma in Mille Piani includono la connessione e l'eterogeneità, dove ogni punto può collegarsi a un altro in vari modi, la molteplicità e la rottura asignificante, dove un rizoma può spezzarsi e continuare in nuove direzioni. Vi è anche il principio di cartografia, dove il rizoma agisce più come una mappa esplorativa che un modello rigido. Questi principi ridefiniscono la struttura tradizionale del pensiero, proponendo un approccio più fluido e decentralizzato.

Un esempio determinante di questa visione che vuole stimolare tutti i sensi nella lettura della città urbanizzata è stato Il modello della Città dei 15 minuti di Carlos Moreno, valorizzato durante la pandemia del Covid 19, enfatizza la prossimità e la fruibilità dei servizi urbani. Anne Hidalgo ha promosso questo modello a Parigi durante la sua campagna elettorale del 2020, dove già esisteva un elevato grado di accessibilità a servizi essenziali. Alcune critiche sottolineano che oltre alla vicinanza dei servizi, è cruciale considerare la qualità urbana e la sostenibilità. La sfida include la gestione della densità urbana e la riduzione della cementificazione, essenziali per un futuro urbano sostenibile.

Gilles Boeuf è un biologo e professore di fisiologia ambientale all'Università Pierre e Marie Curie di Parigi, noto per il suo lavoro sulla biodiversità e per le sue riflessioni su come questa interagisca con le aree urbane. Boeuf distingue tra "natura", che comprende tutti i sistemi esistenti, e "biodiversità", che si riferisce alla parte vivente della natura, nata su un substrato minerale. Egli sostiene che la biodiversità non sia limitata a un semplice inventario di specie, ma includa tutte le relazioni tra gli esseri viventi e con il loro ambiente. Questo concetto è particolarmente rilevante per comprendere le questioni ecologiche in un mondo in rapida urbanizzazione.

Boeuf sottolinea come l'umanità, ormai principalmente urbana, debba mantenere una relazione con questa biodiversità. Sottolinea che la distruzione della biodiversità è causata da vari fattori, tra cui la distruzione degli ecosistemi, l'inquinamento generalizzato, l'eccessivo sfruttamento delle risorse, la diffusione di specie invasive e i cambiamenti climatici. Sottolinea l'importanza di comprendere che non esistiamo a fianco della natura, ma ne siamo parte integrante. Ogni volta che danneggiamo la natura, danneggiamo noi stessi.

Nel contesto urbano, Boeuf evidenzia il ruolo chiave di architettura e urbanistica nel creare spazi per la vita e il benessere, integrando la biodiversità nelle città. Ad esempio, menziona come l'architettura possa facilitare l'installazione di orti urbani sui tetti e facciate ricoperte di vegetazione, che possono ospitare molte specie impollinatrici e contribuire alla qualità dell'aria e alla riduzione delle disuguaglianze sociali. In sintesi, il lavoro di Boeuf sottolinea l'importanza di un dialogo tra società civile, scienziati e pianificatori urbani per ristabilire un equilibrio con la natura, cercando il benessere piuttosto che la sola ricchezza.

Oggi è rilevante il crescente numero di azioni ribelli di giovani attivisti che si stanno facendo portavoce di un cambiamento significativo nella relazione tra l'uomo e l'ambiente. Questi giovani, ispirati e motivati dalla necessità di un pianeta più sano e sostenibile, stanno spingendo per un nuovo modo di interagire con la natura. Essi incarnano la crescente consapevolezza dell'umanità sulla necessità di riconnettersi con il mondo naturale, non solo per il benessere dell'ambiente, ma anche per la nostra stessa sopravvivenza e qualità della vita.

Questa tendenza sottolinea un cambiamento di paradigma nella società contemporanea, dove la connessione con la natura non è più vista come un lusso, ma come una necessità vitale. Gli spazi verdi urbani, le politiche ambientali sostenibili e il crescente interesse per uno stile di vita più ecologico sono esempi di come questo bisogno di riconnessione si stia manifestando in azioni concrete.